Almanacco del Calcio Toscano

Io proprio io: Paola Coia

Io proprio io: Paola Coia Riprendiamo il viaggio di Almanacco Calcio Toscano, che attraverso la rubrica “Io proprio io” si propone di approfondire la conoscenza con protagonisti del calcio dilettanti, al di là del ruolo che ricoprono in ambito sportivo. Un personaggio su cui merita di soffermarsi è sicuramente Paola Coia, presidente del Tuttocuoio dal 2017. Abbiamo incontrato Paola a Ponte a Egola, ripercorrendo le sue scelte coraggiose, le paure, il suo intuito e le passioni per la musica e gli animali. Un ritratto ad ampio respiro che vi affidiamo con la consueta raccomandazione  agli “scrollatori” del cellulare: salvate il link e leggete con calma, crediamo ne valga la pena.

di Edoardo Novelli – con la collaborazione di Andrea L’Abbate

Chiamatemi Pres!

Paola, prima di tutto, come dobbiamo chiamarla? Il presidente, la presidente o presidentessa?

“I giocatori della squadra in questi sette anni mi hanno sempre chiamato <Pres> , qui sono la Pres, io mi sento il presidente del Tuttocuoio, il resto in fondo è poco rilevante”.

E’ calabrese ma è nata a Taranto, è giusto?

“Sono calabrese da parte di mamma, mio papà invece è abruzzese. Il paese dove abitavamo è Trebisacce, ma sono nata a Taranto perché si trova a un’ora di macchina e ospita una clinica importante, sono nate là anche mia sorella e le cugine”.

“A scuola ero fin troppo tranquilla”

Ha fatto studi liceali, Paola Coia era una studente determinata come dimostra di esserlo da presidente?

“Del liceo classico mi piaceva soprattutto filosofia. A scuola penso di essere stata fin troppo tranquilla. Ho vissuto un’infanzia particolare, in pratica sotto scorta. La mia era una famiglia di imprenditori, mio padre è una persona dal carattere forte, non ha mai voluto piegarsi alle minacce e alle estorsioni di quegli anni in Calabria. Non poter andare a una festa, essere controllata in tutto, mi opprimeva all’inverosimile, tanto che a vent’anni ho dato una svolta alla mia vita. Sono andata via di casa sposando un bel ragazzo del paese, il padre delle mie due figlie”.

Poi ha dato un seguito agli studi classici?

“Non ho continuato gli studi, mi sono trasferita a Roma. Il fratello di mio nonno era Procuratore della Repubblica di Roma, e nel ’90 ho cominciato a lavorare alla Camera dei Deputati, mettendo in pratica la mia grande passione per la politica. Nel frattempo mi ero separata, nel 1996 ho sposato un deputato e nel 2000 è nato Lorenzo”.

L’amore per l’Inter e per gli animali

Paola Coia con i suoi due cani

E’ interista?

“Sfegatata”

Sui social la vediamo anche sorreggere una sportina con un gatto, ama gli animali?

“Molto, penso che siano più veri gli animali di tante persone. Ho due gatti e due cani”.

E’ un presidente a tempo pieno oppure mantiene altre attività?

“No, sono un presidente e basta. Non mi sono mai occupata dell’attività di famiglia, sono stata in politica fino al 2007, poi ho abbandonato tutto e ho cominciato a lavorare come direttore sportivo dello Sporting Club di Corigliano Calabro, società calcistica di puro settore giovanile che è sempre riuscita a portare almeno una quindicina di ragazzi ogni anno nel professionismo. Oggi siamo affiliati con l’Atalanta”.

Nel 2013 l’arrivo in Toscana

In Toscana, invece, come c’è arrivata?

“Nel 2013 degli osservatori della Lucchese notarono mio figlio (Lorenzo Fino n.d.r.) durante un torneo a Gubbio. Lo presero per la stagione successiva e a giugno 2014 decisi di salire con lui, era ancora troppo piccolo per lasciarlo da solo. Siamo rimasti un anno, durante il quale ho collaborato con la società, il d.s. era Giovanni Galli. L’anno dopo mi chiamò il d.g. del Pontedera Paolo Giovannini e sono rimasta con lui per due anni, occupandomi prima degli Allievi e poi della Berretti (l’odierna Primavera 3 n.d.r.). Nel 2017 poi ho rilevato il Tuttocuoio”.

Una donna dalle scelte coraggiose

Questo il post di Paola Coia dopo la sospirata salvezza 2022-23

In un reel sui social ha dedicato l’ultima salvezza raggiunta dal Tuttocuoio a se stessa. Le va di commentare insieme le parole che ha usato? La prima dedica è per il suo coraggio…

“Mi ritengo una donna coraggiosa per le scelte di vita importanti che ho fatto da sola, contro la mia famiglia, che ancora oggi non comprende come mai faccia tanto per un’attività che sul piano economico è tutta <a perdere>. In pratica non lavoro per guadagnare ma per spendere, in una prima fase ho avuto dei problemi grossi per farmi capire da mio padre.

Lui, suo fratello e sua sorella, erano arrivati con mio nonno dall’Abruzzo in Calabria nel ’67, per lavorare alla nuova autostrada Salerno – Reggio Calabria, si sono sposati tutti a Trebisacce, rimanendo a vivere lì. Mio padre mi avrebbe voluto nell’impresa di famiglia.

Ho coraggio nell’affrontare la mia vita e anche questo mondo del calcio, maschilista. Non è stato facile entrarci e farsi rispettare, soprattutto nello spogliatoio, dove venivo talvolta sfidata con sfrontatezza.

Ponte a Egola, poi, è un paesino di settemila abitanti, non è facile fare calcio qui. Ci sono imprenditori che mi sostengono da sempre, ma il paese mi è sempre stato avverso, forse per le scelte drastiche che ho ritenuto opportuno fare al mio arrivo, e che rifarei. Manca il pubblico, la tifoseria, il dodicesimo uomo… Ed è stato difficile anche trovare collaboratori affidabili”.

I rapporti con la tifoseria

Pensa di poter riallacciare i rapporti con certa tifoseria e con la piazza dopo gli screzi avuti?

“Il paese è sempre stato così, me lo spiegava anche Andrea Dolfi, il Presidente che mi ha venduto la società. Eravamo in Lega Pro e c’erano al massimo 70-80 persone a vederci. Lo scontro forte l’ho avuto per le ingerenze di pochi ultrà, che non potevo accettare. Il tifoso ha il diritto di contestare, non di più. Ho avuto la forza, anni fa, di imporre il mio pensiero e non ho intenzione di recedere.

Ho subito attacchi personali gratuiti, offese, illazioni. Il primo anno ero completamente sola, poi l’imprenditoria locale ha capito quanto e come stavo lavorando per risanare la società, è nata una stima reciproca che quest’anno è sfociata in un contributo ancora maggiore. Gli sponsor principali sono due, Biochimica e Workem”.

Tornando alle sue parole, il coraggio va di pari passo con i sacrifici…

“Lavoro per il Tuttocuoio dalla mattina alla sera, mi occupo di tutto, dalla contabilità ai rapporti con i giocatori. Sono il Presidente perché a fine mese pago gli stipendi, ma ho in mano anche tutta l’organizzazione. Ho una segretaria, Valeria Marchetti, che è con me da sei anni. E una persona valida come Grazia Mannu che gestisce il bar. Ma sono abbastanza diffidente e sono le uniche collaborazioni di mia fiducia per ciò che riguarda la gestione della società”.

“La mia passione è fare il direttore sportivo”

Paola Coia sorridente prima di una partita

Non ha mai pensato di affidarsi a un direttore sportivo?

“No, perché la mia vera passione è proprio quella. Se trovassi una persona disposta a entrare in società e fare il presidente, gli offrirei la carica e farei il d.s.

Per l’impegno che metto durante l’anno, ogni salvezza per me è come aver vinto un campionato, e l’aspetto più bello è valorizzare dei ragazzi. Penso ad Alessandro Bianconi (99), preso dagli Under 19 del Bologna e arrivato in serie B con il Lecco, a Cosimo Forgione (92) che è in Lega Pro così come il portiere Antonio Prisco (02), Marco Ruggero (00), Niccolò Bagatti (98), e potrei dirne altri.

Sono rimasta in rapporti splendidi con tutti. Per me questo è il calcio, devo vivere lo spogliatoio, la mattina dopo la fine della stagione scorsa ero già a lavoro per progettare la nuova”.

Never give up

Torniamo alle parole della dedica, ha fatto riferimento alle sue paure…

“Mi metto continuamente in discussione, le responsabilità sono tutte mie, cerco sempre di migliorare e non ripetere certi errori. La mia presunzione a volte mi fa raccogliere delle sfide nelle quali ho paura di sbagliare, però sono testarda e vado avanti in quello che ho deciso”.

Poi ci sono le notti in bianco, a cosa pensa quando rimane sveglia?

“Il calcio mi fa dormire poco, ho anche una situazione familiare difficile che fa il resto. Mia figlia Carlotta convive da anni con malattia e terapie. Mi ha insegnato a non mollare mai nulla, a vivere davvero ogni giorno come se fosse l’ultimo”.

“Spesso sbaglio la scelta del tecnico…”

Un’altra risorsa che lei indica come fondamentale è l’intuizione. Qual è stata la sua più azzeccata e su cosa invece si è dovuta ricredere?

“Devo dire che sbaglio spesso la scelta dei tecnici. In sette anni ho sbagliato pochi giocatori, ma tornassi indietro li riprenderei tutti, anche per i rapporti umani che instauro con loro, penso a Pietro Cascone (85) che sento ancora quasi tutti i giorni.

Invece con gli allenatori commetto più errori. Certo, non ho sbagliato con Davide Mezzanotti (oggi legato all’incerto futuro del Pordenone n.d.r.), l’allenatore top che ho avuto, insieme a Pietro Infantino e Nico Scardigli, al di là dei risultati. Dovrei dedicarmi di più ai tecnici toscani, vedere come lavorano, come giocano le loro squadre. Conosco meglio quelli del Sud”.

Le cordate fantasma

Le propongo un ultima citazione dal suo profilo social “Con la bocca alzate i palazzi, coi fatti nemmeno un mattone”. A chi si riferiva?

“E’ una frase dedicata a una cordata di personaggi, allontanati a suo tempo dalla società dall’allora presidente Andrea Dolfi, che si nascondono dietro una tastiera e ogni anno a maggio puntualmente fanno girare per il paese l’offerta di rilevare il Tuttocuoio. Poi si dissolvono.

Quest’anno ho chiesto ad uno dei miei sponsor di proporre a nome mio un incontro, sarei anche pronta a uscire a costo zero. Come risposta abbiamo ricevuto la richiesta di far fallire la società, che loro farebbero ripartire dalla terza categoria.

Ho lottato come una disperata per risanare una società, il prossimo mese penso di completare l’opera, e poi che faccio? Non avete la forza di gestire l’Eccellenza e la volete in terza? Non l’avrete mai, non da me”.

Quella volta a Vibo Valentia…

Nel 2020 le cronache la accostarono alla Vibonese, società di calcio di Vibo Valentia. Sembrava fatto un suo ingresso, poi com’è andata?

Paola Coia intervistata da una TV di Vibo Valentia, all’epoca del suo ventilato ingresso nella Vibonese

“Dopo la retrocessione in Eccellenza, categoria che non conoscevo affatto, non sapevo dove mettere le mani e ho pensato di mollare.

Sapevo che Pippo Caffo, uno dei titolari della distilleria che produce l’Amaro del Capo, stava cercando un nuovo socio per la Vibonese. Ci siamo incontrati e avevamo quasi definito. Poi ho conosciuto meglio la sua personalità, molto simile alla mia. Deve stare solo e fare tutto lui. Per fare un esempio, mi aveva dato mandato per l’allenatore e alcuni giocatori. Ero d’accordo con Sasà Campilongo, alla fine scelse lui Angelo Galfano. Ho capito che lui ed io insieme avremmo litigato di continuo. Ho lasciato perdere e siamo rimasti in ottimi rapporti, è ancora uno dei miei sponsor”.

Prima la persona, poi il giocatore

Quali caratteristiche deve avere un giocatore per conquistarla?

“Per prima cosa cerco persone autentiche, che dimostrino correttezza e rispetto. Ho tanti ragazzi che sono con me da molti anni, sono piuttosto intuitiva nel riconoscere le qualità umane. Cerco di non far mancare loro niente, di sostenerli se attraversano momenti personali difficili. Certo, ho avuto giocatori che davano la priorità ai soldi, conducevano una vita poco sana, ma ho costruito tanti bei rapporti umani”.

Paola Coia ospite alla trasmissione di TV Prato “Il gioco è fatto”

E’ conosciuta come un presidente munifico e puntuale, a volte qualcuno cerca di approfittarne?

“Uno dei miei limiti è innamorarmi dei calciatori, quando mi fisso su qualcuno lo voglio ad ogni costo, pur di prenderlo farei follie, il denaro diventa quasi secondario. Quest’anno mi è successo con Giacomo Rossi (89), lo seguivo da anni, l’ho voluto fermamente. In passato, forse, qualcuno può avermi forzato la mano…

Molti mi dicono che sbaglio a pagare tanto e in anticipo. Devo dire che quasi sempre sono stata ripagata. Se poi mi rendo conto che qualcuno è venuto solo per i soldi, gli preparo subito le valigie e rimango inattaccabile. E se qualcuno si dovesse infortunare, non lo abbandonerei comunque.

Poi ci sono anche gesti come quello di Ludovico Gargiulo (95), un grande uomo, che dopo la squalifica presa prima dei playout (espulso contro il River Pieve alla penultima giornata n.d.r.) ha rinunciato all’ultimo mese di stipendio. Un segno di rispetto per me, la società, e per la squadra”.

Una vicenda dolorosa

A proposito di rispetto, delle donne in particolare, ci permettiamo di chiederle un pensiero su una vicenda dolorosa che l’ha coinvolta. Qualche anno fa un suo giocatore si è tolto la vita dopo aver ucciso la ex compagna. Cosa le ha lasciato la vicenda e cosa si sente di dire sul tema?

“Conoscevo Federico come un ragazzo serio, pieno di vita, esempio di educazione. Era un punto di riferimento per mio figlio, più piccolo di lui. Che fossero insieme dava tranquillità anche a me.

Quando seppi mi crollò il mondo addosso, mi sentivo tradita, era un fallimento come educatrice, come genitore, un dolore immenso. Lo avevo incontrato pochi giorni prima dandogli incarico di organizzare i Campus estivi.

Mi dispiace tantissimo per come è andato a finire il rapporto col padre, dopo che non mi sono sentita di far partecipare la società al funerale in veste ufficiale. Ho anche due figlie, non potevo non pensare ai genitori della ragazza, ancor oggi ritengo di aver fatto la cosa giusta, per rispetto verso di loro e verso Elisa.

Però vorrò sempre bene a Federico, lo voglio ricordare per come l’ho vissuto, non per quello che ha fatto”.

E’ così difficile capire le nuove generazioni?

Lorenzo Fino, classe 2000, giocatore del Tuttocuoio, figlio di Paola Coia

“I primi a mettersi in discussione dobbiamo essere noi genitori, oggi è tanto difficile esserlo. I ragazzi hanno tutto, stanno bene, eppure se una domenica sono in panchina vanno in paranoia. Le cose vanno anche conquistate, mio padre mi ha cresciuto in un dato modo. Una volta mi fece rimanere ore ferma seduta a tavola perché avevo il vizio di togliermi le scarpe. Oggi li devi pregare di togliere quel dannato cellulare, non si parla più, se li rimproveri ti rispondo male, devi dosare sempre la mezza misura per non far di peggio”.

Musica, viaggi… e Porta a Porta!

Torniamo su un terreno più leggero. Le piace ascoltare della musica?

“Mi piace tantissimo ogni tipo di musica, classica, pop, rock, aiuta a distrarmi.

Meglio il cinema o la TV?

“Guardo poco la TV, praticamente solo i notiziari e Porta a Porta. Non vado al cinema da anni, ci andavo più spesso a Roma, qui in Toscana pochissimo. Non riesco a concentrarmi sui film, ho sempre la testa da un’altra parte”.

E’ una viaggiatrice?

Ho viaggiato tanto, mi piace il mese di settembre e l’inverno al mare, magari ai Caraibi. Tranne le Indie ho visto praticamente tutto, finché non ho preso il Tuttocuoio. Negli ultimi anni ho avuto giusto il tempo di tornare un po’ a casa d’estate e di salutare qualche amico a Roma”.

Il rapporto con Francesco Tavano

Cosa la fa stare bene e cosa invece non sopporta?

“Mi rilassa la musica e stare con i miei animali, tornare a casa e trovarli mi dà pace. Non sopporto la falsità e ho l’incubo del telefono, che possa ricevere una brutta chiamata… Sono contenta dei rapporti veri che ho costruito, uno di questi è con Francesco Tavano. La cosa più difficile è potersi fidare, con lui quando vengo al campo mi sento tranquilla, sento di volergli bene”.

Forse perché siete due personalità opposte, che si compensano?

Francesco Tavano, allenatore del Tuttocuoio dal 2022, dopo aver chiuso in nero-verde la carriera di calciatore. Fra lui e Paola Coia corre un rapporto di stima e affetto.

“Ciccio ha grande intelligenza, anche se fatica a comunicare, a tirar fuori quello che sente. Con me ha fatto passi avanti, parliamo tanto, è una persona per bene ed è nato un grande affetto. Nella mia ho avuto intorno individui interessati al ruolo che avevo, poi ho scelto di fare selezione, di dedicarmi alle persone autentiche, Ciccio è una di queste. Poi magari lo esonero lo stesso… (con risata n.d.r.)”

Che campionato sarà?

Che campionato sarà? Sembra non esserci una favorita, ma 5-6 ottime formazioni a giocarsela. Il Perignano ci riproverà e il Tuttocuoio nutre grandi ambizioni… Come la vede?

“Il Perignano ha il capocannoniere, ha rafforzato la difesa e preso un’ottimo allenatore come Enrico Cristiani, di sostanza, concreto, che sa fare gruppo. La Massese è sempre un’incognita, non conosco il reparto offensivo, credo abbia allestito una buona rosa. Il Camaiore mi pare una squadra completa, né sottovaluto la Cuoiopelli che dovrà aggiungere qualcosa davanti, o la Pro Livorno Sorgenti. L’anno scorso il Cenaia ha vinto senza un capocannoniere, prendendo pochi gol e segnando un po’ con tutti. E’ un campionato equilibrato, dove può succedere di tutto, conteranno gli episodi, lo spogliatoio. Ce la giocheremo anche noi, sperando di divertirsi, iniziamo con l’insidia delle neopromosse piene di entusiasmo ma saremo pronti. Dobbiamo migliorare la fase di non possesso, amalgamare i nuovi, vediamo cosa viene fuori”.

I reel pubblicato da Paola Coia con dedica a Francesco Tavano e colonna sonora Eye of the Tiger dei Survivor

“La mia avventura si chiuderà qui… fra qualche anno!”

E’ arrivata a Ponte a Egola ormai da 6 anni. Fra altri sei, o dieci, dove si vede e che futuro immagina per il Tuttocuoio?

“Quando siamo retrocessi ho fatto la squadra per mantenere la categoria. Per la prossima stagione ho cercato di costruire qualcosa di importante, provando a risalire. Penso di aver messo su una squadra competitiva, con entusiasmo e la giusta mentalità. Mi sento meno sola, ho imprenditori che mi sostengono oltre il contributo in denaro. Fra qualche anno mi vedo ancora qui, spero nella categoria di quando sono arrivata, non abbiamo le risorse per la Lega Pro né voglio crearmi problemi economici. La mia avventura nel calcio immagino si chiuda con il Tuttocuoio, sono molto legata alla società, la sento mia”.

Sua al punto di accettare che venga chiamata “Tuttocoia”?

“E’ una definizione che sotto certi aspetti mi dà fastidio, però è anche uno sfottò che fa sorridere. In fondo è la verità, ci sono anche gli anziani che mi hanno ribattezzata <Chesialodata>, perché senza di me non ci sarebbe più il Tuttocuoio. Beh, a pensarci, se potessi lo cambierei davvero il nome… (e ride di gusto n.d.r.)”.

Paola Coia scherza sulla possibilità di cambiare il nome della società. Gli utenti lettori di Almanacco Calcio Toscano cosa ne pensano?

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