Io Proprio Io: Alessandro Bruni
30 anni da direttore sportivo: è il decano del ruolo in Toscana. Alessandro Bruni, d.s. della Baldaccio Bruni ormai da tre decadi, festeggia in questi giorni le “nozze di Perla” con la società di Anghiari. Una storia lunga (limitandosi alla carriera di dirigente, senza aprire la parentesi precedente da calciatore…) con mille aneddoti e altrettanti ricordi. Con lui ripercorriamo brevemente la sua carriera da d.s. della Baldaccio Bruni.
Quale è stata la Baldaccio Bruni più forte in questi 30 anni?
Quella del 2009, in cui raggiunse gli spareggi per la serie D? O quella del 2017, con il secondo posto e la vittoria di Coppa Italia?
“Boh… bella domanda. Io sono un appassionato di numeri e nei giorni scorsi stavo rispolverando le annate sull’Almanacco del Calcio Toscano. Nel 2009 il campionato lo vinse il Monteriggioni di Beltrami e Monaci, che ci superò sul filo di lana proprio grazie allo scontro diretto ad Anghiari, vinto dai senesi: avevamo due punti di vantaggio e ci sfuggì il campionato al fotofinish. Ricordo, tanto per dire quanto siamo strani noi ad Anghiari, che il nostro portiere Giovagnoli si era sposato il giorno prima… ma giocò lo stesso. Quella era una buona squadra sicuramente. Ma anche quella del 2010/11 con Bacci allenatore (che poi passò alla Pianese): facemmo 58 punti che resta il nostro record in Eccellenza. Andammo ai play-off da quarti, perdendo la semifinale contro la Castelnuovese. Nel 2017 invece abbiamo vinto la Coppa Italia: l’allenatore era Andrea Benedetti, che era arrivato l’anno prima salvandoci a metà stagione. Eliminammo poi nella Fase Nazionale anche il Rimini, salvo poi essere eliminati con tanti rimpianti dal Villabiagio (che poi vinse la Coppa nazionale, n.d.r.). In campionato concludemmo secondi dietro un super Montevarchi. Ai play-off poi fummo sconfitti dalla Zenith che poi agli spareggi fu eliminata dall’Aprilia. Ricordo tutte queste squadre con piacere, quindi sono in difficoltà a fare una classifica di merito. Ma io ricordo con piacere anche tutte le altre anche perché non sempre abbiamo primeggiato in Eccellenza. Per tre volte, per esempio, ci siamo salvati ai play-out. Una volta con Bendini tecnico, contro il Montalcino. Un’altra volta nel 2016 contro il Maliseti (forse l’anno in cui eravamo più difficoltà): il nostro allenatore era appunto Benedetti, da metà anno. Infine, l’anno del Covid: dovemmo giocare i play-out contro le altre terzultime (Castelfiorentino e Castelnuovo) e si salvammo in questo inedito triangolare. Ma non dimentico nemmeno l’anno del 2013 quando arrivammo in finale di Coppa Italia di Eccellenza, perdendo a Sinalunga ai rigori per 5-4 contro il San Donato Tavarnelle. Salto un po’ di anno e anno… ma ho nel cuore anche mister Marmorini, con il quale mi sono trovato benissimo, che nel 2015 ci portò a essere in testa alla fine del girone d’andata: il campionato lo vinse poi il Montecatini di Maneschi e noi ci squagliammo un po’ nel finale di stagione”.
Come è cambiato fare calcio ad Anghiari dopo il Covid?
“Per noi è stata una vera rivoluzione. Perché innanzitutto è molto più difficile trovare gli sponsor che ci possano aiutare. E per un paio di anni organizzarsi dal punto di vista sanitario non è stato facile. E da allora abbiamo incontrato qualche difficoltà in più nel costruire la squadra, portando avanti anche un notevole ringiovanimento della rosa”.
Ma come si fa a stare ininterrottamente in Eccellenza dal 2007?
Sono 17 anni che la Baldaccio è in categoria Regina… la “decana” dell’Eccellenza toscana…
“Sì, è attualmente un record. Se ci vuole tanta competenza? Beh, certo, ma credo che sia importante cercare di essere equilibrati; e poi la fortuna incide, non lo posso nascondere. Credo che nel costruire la squadra io abbia sempre cercato di avere portieri forti, su tutti ovviamente Giovagnoli che ha fatto la storia della Baldaccio. E poi abbiamo avuto la fortuna di avere un’ossatura consolidata tutti gli anni: cinque/sei giocatori che hanno composto il nucleo della squadra, tutti di Anghiari o quasi. Poi ogni anno cambiavamo un pezzettino alla volta, senza stravolgere la squadra. E questo ci ha aiutato molto. Abbiamo dovuto cambiare un po’ dopo la vittoria in Coppa Italia del 2017 perché era finito un ciclo”.
E il risultato è ancora più sorprendente se si considera che il budget della Baldaccio non è certo ampio…
“Tutt’altro. E ora è ancora più limitato. Ma finora tutte le stagioni siamo sempre riusciti a chiudere al 30 giugno con puntualità nei rimborsi. Io ci metto la faccia e voglio che la gente abbia una buona opinione: ci tengo. Siamo stati bravi nelle ultime stagione a prendere anche i premi del C.R.T. per aver utilizzato tanti giovani”. – Una società che è una famiglia: fatta da anghiaresi per Anghiari. – “Sì, è anche la nostra forza. Siamo sempre gli stessi da tempo… diciamo che è un bene, ma anche un male… visto che abbiamo difficoltà a trovare ricambi nelle persone più giovani del paese. Per noi comunque l’Eccellenza è la nostra Serie A: si dà per scontato che siamo in questa categoria, ma facile non lo è di certo. Quest’anno l’obiettivo era salvarsi senza soffrire e ci siamo riusciti in pieno visto che non siamo mai stati coinvolti nella lotta per i play-out”.
Quale è stato il giocatore simbolo in questi 30 anni per la Baldaccio Bruni?
“Sicuramente Riccardo Delvecchio, centravanti per 10 anni della nostra squadra. Lo andai a prendere a un torneo di amatori: veniva da Milano ed è stato con noi, anche da allenatore fino al 2005. Sicuramente ha contribuituo a scrivere la storia recente di questa società che è stata fondata nel 1899. Ma non posso non citare anche il portiere Matteo Giovagnoli che ha giocato per noi per 12/13 anni: lo convinsi a giocare con la Baldaccio anche se voleva andare a fare il 12° in Sardegna in serie D. Lo convinsi e da qui non si è più mosso: oggi allena i portieri del nostro settore giovanile della nostra società”.
Mai avuto il rimpianto di non essere in provincia di Perugia?
“Fare calcio in Valtiberina è difficile, sicuramente. Ma non abbiamo neanche mai pensato a chiedere il “passaggio” in Umbria, nonostante la vicinanza. Certo, se facessimo l’Eccellenza in Umbria sarebbe forse più facile trovare i giocatori, più che altro perché oggi cerchiamo dei calciatori che magari abitano a Città di Castello o Sansepolcro e convincerli a venire da noi con 15 trasferte stagionali tutte lontane non è scontato. Ma siamo fieri di essere toscani e di giocare in Toscana. Da qui non ci spostiamo!”.
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