Almanacco del Calcio Toscano

Quelli che aspettano: Alessandro Francini

Alessandro Francini, premio AIAC 2023

Quelli che aspettano. Nel calcio sono gli allenatori senza panchina. Alessandro Francini, al momento, è uno di loro. Dopo le sei stagioni di crescita esponenziale alla Rondinella, e i quattro mesi difficili all’Antella, conclusi con l’esonero a gennaio 2025, al momento non sono emerse situazioni favorevoli a un suo ritorno sul campo nella prossima stagione.
Siamo andati a chiedergli come vive questa pausa forzata, e quali prospettive intravede per il proprio futuro.

di Edoardo Novelli

Alessandro, quest’anno puoi girare il film “Ferie d’agosto”, in che ruolo ti vedi?

Stare lontano dal campo mi fa male, sono stati mesi di sofferenza, ma la passione non si è affievolita e ho un grande desiderio di spogliatoio, di dedicarmi a un gruppo. Mi gratificano le proposte che ho ricevuto, segno tangibile dell’apprezzamento verso la mia persona e il mio percorso. Ho detto dei no a malincuore, facendo delle valutazioni, il tempo dirà se giuste o meno. Non cerco una panchina ad ogni costo, preferisco temporeggiare in attesa di un’opportunità che mi smuova qualcosa dentro, che mi dia voglia e forza di rimettermi in gioco, dopo una delusione cocente. Intanto mi godo un estate tutta in famiglia.

Spesso sento accostata al tuo nome l’etichetta di allenatore che antepone il gioco al risultato. Che ne pensi?

Niente di più falso. Certo, non vado in campo arroccato per il pareggio, provo sempre a giocarmi la partita. Il mio più grande desiderio è preparare i miei giocatori e metterli in condizione di essere protagonisti a prescindere dall’avversario, provando a determinare la gara. Dare loro fiducia e coraggio, la possibilità di sbagliare, trasmettere la capacità di leggere le situazioni e magari cambiare in corsa atteggiamento. Perchè giocare non è solo calciare più lontano possibile.
Poi, non è che soffro meno se perdo, perché tanto ho giocato bene. Sono obiettivi che vanno di pari passo. Odio perdere, ma cerco di arrivare al risultato attraverso le idee e non speculando sulle situazioni.

Cosa non ha funzionato all’Antella?

Ho accettato la proposta del direttore Stefano Alari con gratitudine, stimolato dal progetto e dall’opportunità di crescita. Mi spiace non avere avuto il tempo necessario. Sono stati quattro mesi difficili, con dinamiche relazionali complesse. Avevamo trovato il bandolo della matassa con risultati importanti, come la vittoria nel derby col Grassina (1-0 gol di Fratini n.d.r.) che in campionato mancava da 11 anni. Poi dopo una brutta sconfitta la società ha fatto altre scelte.

Scelte forse affrettate, o era inevitabile?

Rispetto la scelta della società. D’altro canto, nel nostro mondo, agli allenatori non viene mai dato il tempo per costruire. Si pretende il risultato immediato, come unico traguardo degno degli investimenti effettuati. Ma non si vincono le partite con i nomi altisonanti, prima c’è da costruire un’identità, da formare un gruppo amalgamando le persone; poi viene l’organizzazione tattica, la valorizzazione del talento al servizio del collettivo e non fine a se stessa. Spendono in tanti ma vince uno solo, ma questo non significa che gli altri abbiano fallito, è una cultura tossica.

L’allenatore poi, viene descritto spesso come solo contro tutti, non ti pare?

Foto di gruppo nello spogliatoio dopo una vittoria della Rondinella

Solo, ma fino a un certo punto. Secondo me oggi è fondamentale avere a disposizione uno staff coeso ed efficiente, rappresenta un valore per la società: tante figure competenti che lavorano nella stessa direzione fanno crescere tutto l’ambiente.
Eppure qualcuno valuta con sufficienza, ad esempio, che si usino le pettorine per monitorare i valori fisici col preparatore atletico, ma questo serve per diversificare e specializzare i carichi individuali.
Oppure che i match analist possano essere una figura prioritaria per la crescita dei singoli e del gruppo squadra. C’è anche chi ritiene solo uno sfizio lavorare con i video che presentano la sintesi delle caratteriche dell’avversario di turno. Non è scimmiottare i grandi ma prendere spunto da chi lo fa per professione, e tirar fuori ciò che può essere funzionale, anche in un contesto di dilettanti.

Come stai trascorrendo questo periodo senza panchina?

Per me è una situazione nuova, fin da quando giocavo non avevo mai avuto la prospettiva di un agosto libero. In questo periodo ho visto partite, ho seguito corsi e aggiornato le mie conoscenze, lavorando ogni giorno per farmi trovare pronto alla prossima sfida, anche se fosse subentrare in corsa. Ho la consapevolezza della strada fatta e, al tempo stesso, la fame e l’umiltà di chi sente di voler dimostrare ancora molto.

Che campionato ti aspetti?

Il girone B di Eccellenza sarà un campionato competitivo con tante squadre che partono potenzialmente per vincere. Antella, Figline, Mazzola, Rondinella, Sangiovannese, Sansovino (in ordine alfabetico n.d.r.) sono squadre di blasone costruite con investimenti importanti e rose che si preannunciano di grande valore. C’è da mettere in conto la sorpresa di turno, ci sarà grande equilibrio.

Lasciamo Alessandro alla sua estate, “con le pinne il fucile e gli occhiali”. Ma la sua canzone è La Partita di Pallone, lo aspettiamo sul campo.

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