Magera, la meglio gioventù
Nicola Magera, tecnico della Fortis Juventus, ha una lunga esperienza con settori giovanili professionistici.

L’Almanacco propone il suo punto sul campionato e la sua filosofia nella gestione di un gruppo vincente.
Nicola Magera ha maturato una certa dimestichezza con la “fortis juventus”, avendo allenato nei settori giovanili di Sampdoria, Spezia, Empoli e Fiorentina tanta gioventù robusta e ambiziosa. E’ quasi emblematico che, nel concretizzare il desiderio di misurarsi con una prima squadra, sieda oggi a Borgo San Lorenzo sulla panchina della Fortis Juventus.
Un nome che idealmente dà continuità al suo progetto professionale. Con Almanacco Calcio Toscano Nicola Magera si sofferma volentieri su temi di stretta attualità, il campionato d’Eccellenza, e su altri più generali che caratterizzano il calcio giovanile e dei dilettanti.
Nicola, cominciamo dalla vittoria di domenica scorsa. Con il Terranuova trovato il gol avete saputo reggere l’urto e portare a casa tre punti, che partita ha visto?

“Il gol trovato significa che l’abbiamo cercato, per noi non troppo prolifici è una bella soddisfazione aver segnato alla miglior difesa del girone, com’è una prova di forza e solidità esser riusciti a mantenere il vantaggio. Il Terranuova ha dimostrato qualità, ci ha messo in difficoltà ma la squadra ha dato il meglio di sé“
Una bagarre a sette… più altre quattro!
Che campionato si sta delineando nel vostro girone?
“E’ un campionato difficile, livellato verso l’alto, con una bella lotta per entrare nelle prime cinque, vedo una bagarre di almeno sette squadre. C’è il Siena favorito, che ogni settimana si rinforza con nuovi giocatori, ma anche lo Scandicci che abbiamo appena affrontato in Coppa, appunto il Terranuova, che ha la rosa ampia e un allenatore valido, stesso dicasi per il Foiano che ho visto esprimere un gran bel gioco.
Ci sono anche Colligiana, Valentino Mazzola e la Castiglionese, di cui non parla nessuno ma che già l’anno scorso ha fatto bene e può contare su un allenatore esperto qual è Roberto Fani. Inoltre non sottovaluto il Pontassieve, per la rosa che ha mi aspetto una risalita, mi piace l’Audax Rufina di Niccolò Diotaiuti, né posso dimenticare Signa e Sinalunghese con individualità da categoria superiore. Senza contare poi il mercato invernale, che tra poco più di un mese può rimescolare la griglia dei valori”.
La Fortis? Teniamo i riflettori bassi…
E la Fortis come la colloca?

“L’obiettivo è un campionato tranquillo e una classifica che alla fine metta dietro almeno cinque squadre, salvandoci prima possibile senza affrontare l’incognita play-out. La stagione è iniziata con vicissitudini per questioni societarie, non è stato possibile programmare un mercato all’altezza delle altre squadre. Teniamo i riflettori bassi, consapevoli grazie all’impegno di tutti di aver formato un bel gruppo ma anche di avere limiti e grossi margini di crescita”.
E’ soddisfatto della vostra classifica?

“Mi tengo stretta la vittoria dell’ultima domenica, che non era certo scontata. Forse meritavamo qualcosa di più a Sinalunga, battuti in pratica da una giocata. Il calcio è così, non ti puoi distrarre un secondo e la paghi, poi però capitano anche i tre punti col Terranuova”.
Domenica prossima vi attende l’Asta Taverne, dal cammino fin qui contraddittorio, che gara si aspetta?
“Difficile sicuramente, hanno il capocannoniere Doka Bjorn con 7 reti, avevano fatto 7 punti in quattro giornate, poi hanno infilato due giornate brutte cambiando allenatore. Il 4-0 col Siena fa poco testo, con l’espulsione del portiere nel primo tempo. La squadra avrà voglia di reagire, come ne aveva il Firenze Ovest che affrontammo subito dopo l’arrivo di Rossano Bartalucci”.
La piazza ha blasone, il gruppo crescerà
L’ambiente di Borgo è sempre stato vicino e caloroso, è uno stimolo oppure una pressione che a volte può condizionare?

“Borgo è una piazza bellissima, l’ambiente fantastico e riversa tanta attenzione su quello che si fa. In questo vedo soprattutto vantaggi, tanti pagherebbero per avere il seguito e lo stimolo di questi ragazzi che tutte le domeniche ci sostengono in casa e ci seguono fuori. E’ chiaro che ci sono certe aspettative, la piazza ha storia e blasone forgiati da anni in serie D, la società ha sempre costruito squadre per cercare di tornarci. Quest’anno è un obiettivo impensabile, per i motivi che dicevo prima, cercheremo comunque con il lavoro di aumentare il valore del gruppo e l’esperienza dei ragazzi che lo formano”.
In questo c’è piena sintonia fra lei e la società…
“Sia il direttore Paolo Banchi che il presidente Riccardo Borselli sono sempre all’opera con l’intento di migliorare, come nel caso dell’arrivo di Samuele Salvadori – centrale difensivo già biancoverde nel 2014-15 n.d.r. – l’ambiente merita una squadra competitiva, sta a noi alzare il livello, continuare così e regalare gioia ai tifosi. A proposito di giocatori, rivolgo un saluto e un augurio al nostro Alessandro Donatini, lo abbiamo perso per infortunio ma lo aspettiamo presto!”.
Dopo tante stagioni in settori giovanili professionistici, com’è stato l’impatto con uno spogliatoio di “grandi”?

“Non è in realtà la prima volta, a Montemurlo sono stato vice allenatore in serie D, inoltre studiavo e lavoravo a quest’idea da tempo, sono giunto preparato all’approccio molto diverso che la categoria richiede. Nella gestione del gruppo mi sento predisposto verso personalità più mature, mi sono subito trovato bene coi ragazzi di Borgo rimasti e coi nuovi più giovani. L’età media del gruppo è piuttosto bassa, questo mi ha facilitato, anche se la filosofia è diversa.”.
Dilettanti, risacca o rampa di lancio?
Per una ragazzo che ha respirato aria e sapore del calcio professionistico, anche se di settore giovanile, una stagione fra i dilettanti può essere un trampolino di lancio o rischia di trasformarsi in risacca?
“Conta molto la scelta dell’ambiente giusto, deve esser brava anche la famiglia nell’orientare il ragazzo, occorre tanto carattere per conquistare spazio ed emergere anche dove te ne dessero meno. Nel settore giovanile del professionismo il giocatore ha tutto: materiali, proposte continue, attenzione intorno alla propria crescita. Nei dilettanti devi venir fuori, rimboccarti le maniche, ci vuole un impegno allo stesso modo professionistico. Una prima squadra in D o in Eccellenza ha le sue regole, conta il risultato, se sprechi l’occasione e l’allenatore valuta che non gli dai tutto, non ti dà un’altra possibilità. Se non hai gli anticorpi per riemergere puoi finire davvero nella risacca”.
Se dovesse consigliare un ragazzo fra una Juniores o Primavera e una stagione in D o Eccellenza cosa si sentirebbe di dire?

“La Primavera 1 è un campionato tosto e competitivo, ci sono le retrocessioni, la crescita può esserci ma sempre subordinata al risultato. Emergi se sei davvero un top player, altrimenti vai in prestito in D o Eccellenza a far le ossa. Fra Juniores, Primavera 3 o 4 e una stagione nei dilettanti preferisco quest’ultima, è più formativa, ci vogliono tante risorse oltre alla qualità. In seguito puoi puntare al professionismo di Lega Pro, con l’esperienza già forgiata in una prima squadra dilettanti. Sempre a condizione di dare tutto. La qualità e la voglia per me sono prioritarie, non è scontato che un giovane venga inserito sempre e solo con gradualità. Da noi gioca ad esempio Emilio Parrini, un 2004 che era in Primavera 3 a Montevarchi, segnava e continua a farlo, è già a 4 gol. Sono un allenatore giovane e se vedo in un giovane un potenziale, carattere, cuore, grinta e voglia di crescere, gli do fiducia con piacere”.
La differenza fra io e noi
La differenza, conclude Nicola, è tutta fra l’”io” e il “noi”:
“Nel settore giovanile il protagonista è l’atleta, tutto gira intorno all’individuo da crescere e valorizzare. Nel calcio dei grandi la prospettiva cambia. L’atleta è al servizio del gruppo, bisogna sapersi comportare in funzione delle esigenze della squadra”.
Edoardo Novelli
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