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Quelli che aspettano: Stefano Scardigli

Quelli che aspettano Stefano Scardigli

di Edoardo Novelli

Fra “quelli che aspettano”, ovvero gli allenatori al momento senza panchina, incontriamo Stefano Scardigli.
Per tre stagioni allenatore del Signa e premio AIAC 2024, al pari di Alessandro Francini, premiato nel 2023.

Stefano, i migliori degli ultimi anni sono senza panchina, cosa c’è che non torna?

Non saprei, sinceramente. Eppure nelle stagioni col Signa il nostro massimo l’abbiamo fatto, anche senza vincere un trofeo (148 punti in 92 partite, media di 1.61).
Nel 2023 abbiamo sfiorato un trofeo perdendo la finale di Coppa col Certaldo per un episodio, lì potevamo gestire meglio quella partita. Però su quella delusione abbiamo costruito la stagione successiva da record, quella del premio personale, con 60 punti
(il Tuttocuoio ha vinto il girone A con 59 n.d.r.). Quindi abbiamo vinto un playoff da quarti contro lo Scandicci terzo, pareggiando 1-1 la finale col Terranuova, la squadra comunque più forte che ha meritato, giocando dal 60’ in 10. Non mi pare poco”.

Com’è maturata la tua scelta di lasciare Signa?

L’ultima annata è stata tosta, molto faticosa, con alti e bassi e qualche disguido da mettere in conto.
Quando ho preso in mano la squadra, nel settembre 2022 venivo già da una stagione come secondo di Enrico Cristiani, sono subentrato dopo due giornate (al tecnico Niccolò Gracia, oggi lavora in Arabia Saudita n.d.r.).
Il mercoledì ero un collaboratore e il sabato ho vinto il derby con la Lastrigiana da primo allenatore (29 settembre ‘22, al Puskas sotto il diluvio, 2-0 firmato da Alesso e Becagli n.d.r.). Ho cercato di dare continuità a quello che sentivo funzionasse nel rapporto che già avevo costruito.
Oggi ero arrivato a un punto in cui sentivo di non poter migliorare quanto fatto finora. Penso possa far bene anche al gruppo, che rimane più o meno lo stesso, trovarsi un allenatore nuovo che porta entusiasmo e voglia di far bene, così come spero giovi a me crescere attraverso altre esperienze”.

Nel tuo modo di allenare e interpretare la partita, ti schieri con chi prima di tutto pensa al risultato o con quelli che danno priorità a giocar bene?

Giocare bene è un concetto relativo. Meglio fare possesso, quindici passaggi a fila, oppure non far giocare gli altri?
Dipende anche da come si sente la squadra, moralmente e sul piano fisico. Puoi aggredire, affrontare spavaldo anche l’avversario forte, pressare il palleggio con intensità, puntando al recupero palla per capovolgere il gioco nell’uno contro uno.
Altre volte devi stare più guardingo, cercando di non sbagliare. Però non mi piace che la difesa tocchi più palloni degli altri reparti, si vince all’attacco”.

Una filosofia propositiva, un passato recente di successi, eppure sei tra quelli che aspettano. Ma allora cos’ha in più chi una squadra ce l’ha?

Nel girone B quest’anno ci sono stati 11 esoneri. Il campionato forse cerca e premia tecnici d’esperienza, un benefit che un allenatore più giovane ancora non può garantire. Siamo in tanti e ci diamo tanto da fare, c’è tanto lavoro dietro. Mi confronto con gli altri e riscontro una dedizione impressionante. Poi dipende anche da come gira l’annata, dalla qualità della squadra che puoi allenare, dalle conoscenze. Mi fa strano vedere fermo anche Alessandro Francini, che ha più esperienza di me, preparare le partite contro le sue squadre è sempre complicato.

Si diceva che il tuo Signa fosse dipendente da Lorenzo Tempesti e Lorenzo Crisanto, come farai senza di loro?

M’inventerò qualcos’altro! Magari li chiamo e sento se vengono con me… (accompagna con una risata n.d.r.). Comunque dicono la verità, non mi nascondo dietro un dito.
Non amo giocare corto da dietro, anche per le insidie di certi terreni, in partite sempre equilibrate dove se cominci a perder palla in difesa perdi fiducia e rischi inutilmente.
Ho avuto la fortuna di allenare un portiere che, oltre a compiere grandi parate, rinvia lungo e preciso; e l’attaccante più forte della categoria, dovevo fargli arrivare più palloni possibile.

Lorenzo ha doti uniche, qualità nel gestire il pallone, ha i tempi di gioco giusti. Quest’anno ha fatto metà allenamenti, alcuni pure con carichi ridotti, ha giocato in condizioni quasi proibitive saltando solo quattro partite e ha fatto comunque una grande stagione.
In ogni categoria vincono le squadre che hanno equilibrio e mettono i giocatori più forti nelle condizioni di far meglio, se cerchi di ingabbiarli in uno schema tattico che non corrisponde alle loro caratteristiche, non vinci di certo.

Invece, come nasce Stefano Scardigli allenatore?

Stefano Scardigli intervistato da Andrea L’Abbate nell’estate di un anno fa

Io sono un mezzo miracolato (ride ancora di gusto n.d.r.). Giocavo a livello amatoriale, poi dopo tanti infortuni quasi per gioco diventai allenatore del GS Noi d’Avane. A 30 anni allenavo ragazzi di 45, come il mio numero 9 Massimo Giacomelli, il bomber.
Dopo due anni di amatori, senza in pratica nulla in mano, ho sentito di voler fare proprio quello e a settembre 2019 ho lasciato un lavoro d’ufficio stabile e consolidato, vicino casa, per frequentare il Corso Uefa C a Venturina Terme, trovai posto solo lì. Facevo avanti e indietro con casa, a Empoli, rientrando a mezzanotte e alzandomi presto la mattina per guadagnare qualcosa con un lavoretto in una palestra”.

Dagli amatori al Signa il passo è stato breve, com’è andata?

Col patentino, iniziai una collaborazione, in pratica di volontariato, alla Beretti del Pontedera. Poi si fermò tutto per il Covid e dopo ripresi da una squadra di settore giovanile a Fucecchio, nell’annata in cui ci si allenava senza giocare.
Qualche tempo dopo ho incontrato Andrea Giannetti, una persona divenuta un amico vero, con cui ancora oggi mi confronto e mi è d’aiuto. E’ stato allenatore in serie A femminile a Empoli, a Parma, adesso lavora a Bientina con la nuova Academy del Tau Calcio.

Tramite lui ho incontrato Enrico Cristiani, Signa cercava un collaboratore, così mi proposi, era un’opportunità incredibile per crescere e vivere uno spogliatoio vero, di categoria.
Ho trovato un posto accogliente, e una persona fondamentale come Peo Alessio Nunziati, che anche con aspri rimproveri mi ha fatto crescere in modo incredibile, ha creduto nelle mie potenzialità, ci siamo frequentati spesso anche fuori dal campo. Il confronto con lui e con il presidente Andrea Ballerini è sempre stato positivo e proficuo”.

Il nuovo allenatore del Signa è Alessandro Gambadori, vi conoscete bene?

Sono contento che Gambadori sia andato a Signa, ha fatto molto bene nelle ultime due stagioni e in precedenza, abbiamo sempre avuto un rapporto leale e corretto, ci siamo sentiti anche prima che accettasse l’incarico”.

Sei rimasto in contatto con Enrico Cristiani?

Sì, l’ho sentito anche di recente, prima e dopo la finale (scudetto Under 15, la sua Fiorentina sconfitta 2-1 dall’Inter n.d.r.). Ha scelto un percorso diverso, ha qualità e una visione intelligente, una mentalità molto aperta, il suo lavoro emerge anche nel settore professionistico”.

Per concludere promuovi te stesso, cosa si aspetta Scardigli e perché una squadra dovrebbe chiamarlo?

Non credo di trovare una sistemazione in estate, se e quando verrò chiamato durante la stagione sarà da una squadra in difficoltà che mi chiederà soprattutto risultati. Ho voglia di campo e di rimettermi in gioco in una nuova sfida per crescere, con tanta passione da trasmettere. Sono una persona spontanea, grido e mi agito in panchina perché cerco di dare il massimo per quello in cui credo“.

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