Nico Lelli, un giovane saggio
L’allenatore del Ghiviborgo si racconta all’Almanacco e analizza il felice momento della sua squadra, che domenica affronterà il Grosseto
Nico Lelli, un giovane saggio.
Il Ghiviborgo in zona playoff può rappresentare una sorpresa, ma non per chi conosce l’ambiente e il suo allenatore.
L’esordio in Lega Pro sulla panchina del Siena
Nico Lelli è al momento il tecnico più giovane d’Italia. Nato il 14 aprile 1994, Nico Lelli ha esordito sulla panchina del Siena il 1° ottobre 2022 a Pontedera (con vittoria per 2-0), per l’assenza di Guido Pagliuca, di cui era vice.
Più precoce, questione di giorni, anche di Renato Montagnolo, nato l’8 gennaio 1990 e secondo di Massimiliano Alvini all’Albinoleffe, che aveva sostituito in panchina il 28 ottobre 2018 nella trasferta con la Giana Erminio (oggi il sodalizio della coppia prosegue a Spezia).
Da quest’anno il Ghiviborgo ha affidato proprio a Nico Lelli la conduzione della prima squadra nel girone E di serie D.
Nico ha esordito in serie D a 17 anni, collezionando circa 120 presenze in categoria, più un altro centinaio in Eccellenza. Ha giocato anche nel Ghiviborgo (78 presenze) allenato da Pacifico Fanani, conquistando la serie D nella stagione 2014-15, categoria nella quale la società milita tutt’ora.
Una carriera precoce
– Come mai, poi, la scelta di lasciare così giovane il calcio giocato?
“Fin dai tempi della scuola ho dedicato tutto al calcio – racconta all’Almanacco – alle superiori eravamo un bel gruppo di amici, ero coinvolto ma tante cose me le sono perse, non uscivo la sera nè potevo andare in giro con loro. Poi ho capito di avere qualche limite come giocatore, sia fisico che tecnico, e ho cambiato obiettivo, inseguendo il sogno di allenare ad alti livelli, che ho sempre avuto. Mi sono laureato in Scienze Motorie, con una tesi sulle neuroscienze, nel frattempo avevo iniziato a lavorare in FIGC al CFT di Pisa, e conseguito la qualifica di Allenatore di base Uefa B. A un certo punto è arrivata la chiamata alla scuola calcio della Fiorentina ed è iniziato il mio nuovo percorso”.
– L’approccio e i metodi delle scuole calcio sono spesso oggetto di animate discussioni. Qual è il suo punto di vista di istruttore?
“L’errore più grosso è trattare i bambini come dei piccoli adulti, quando per loro giocare a calcio dovrebbe essere come il nascondino… Il calcio professionistico – parlo per linee generali – viene spesso visto quasi subito come un lavoro e genera frustrazione, anche per le ambizioni familiari e il desiderio di rivalsa di qualche genitore. E’ difficile spiegare a un bambino di 10 anni che è stato “scartato”, oppure fargli salutare gli amici con cui ha cominciato la scuola calcio quando vengono formati gruppi divisi per bravura. Per fortuna la FIGC è impegnata sul territorio nella formazione rivolta a evitare che questo accada. Dobbiamo pensare a educare, è più importante concentrarsi sul crescere degli uomini piuttosto che solo dei calciatori. Pochi bambini di oggi lo diventeranno davvero, la percentuale più grande non arriverà a fare il giocatore. Sicuramente però tutti saranno cittadini di domani, abbiamo il compito di crescerli affinché diventino persone responsabili.
Libertà e coraggio, segreti per la felicità
– Veniamo al presente. Il Ghiviborgo ha conseguito 6 vittorie, 4 sconfitte, nessun pareggio. E’ il frutto della filosofia con cui si è presentato in estate, la felicità come risultato di libertà e coraggio?
“Dal primo giorno di lavoro, abbiamo messo le basi di un modello lavoro basato sul gioco propositivo. Cerchiamo di non snaturarci, di crescere individualmente portando avanti le nostre idee, che si giochi in casa o in trasferta e a prescindere dall’avversario. Giochiamo nella stessa maniera, senza difendere il risultato, non siamo mai conservativi. A volte ci capita di vincere ribaltando situazioni quasi compromesse, altre di perdere partite che avremmo potuto pareggiare, com’è successo con il Livorno quando non ci siamo accontentati dello 0-0 e abbiamo preso gol”.
Ghiviborgo, una grande famiglia di appassionati
– Il vostro è un gruppo rinnovato e giovanissimo, si è affidato completamente al d.s. Sasha Remaschi oppure ha partecipato in prima persona alla formazione della rosa?
“Sono stato coinvolto fin dal primo giorno. Il direttore conosce tantissimi giocatori ed è stato ancora una volta capace di costruire una rosa nel rispetto del nostro budget, individuando giovani di grande prospettiva, molto funzionali al nostro modello di gioco. Qui da nove anni ci sono persone che mettono anima e corpo, Marco Remaschi tira le fila di quella che di fatto è una sorta di famiglia con una passione incredibile, che mette a disposizione di tutto allo staff il proprio impegno illimitato. Il progetto tecnico di valorizzare i giovani fa sì che i ragazzi vengano volentieri a giocare da noi, spesso finiamo le gare con in campo 8-9 quote, e tutti i titolari nati dal 2000 in poi”.
– Un altro aspetto del suo lavoro è la ricerca di valorizzare il gruppo oltre la somma di valori dei singoli che ne fanno parte. Il Ghiviborgo, come dicevamo, ha una rosa molto rinnovata e giovanissima. Come sta rispondendo?
“I ragazzi si sono messi a piena disposizione, credono in quello che fanno, la gioia e il divertimento sostengono la fatica del lavoro e sono la conseguenza del riuscire a fare determinate cose. Per molti di loro è la prima stagione in D, la affrontano con serietà e impegno, allenandosi tutti i giorni due ore e più, con la voglia di migliorarsi. Hanno coraggio, determinazione e qualità. La mia è una squadra felice. Come tutti i sistemi complessi l’interazione fra i componenti deve portare a un risultato amplificato, oltre la somma dei singoli valori”.
Obiettivo salvezza, ma non solo…
– In tutto questo che importanza dà alla classifica?
“E’ un girone equilibrato con tante squadre competitive, organizzate e di qualità. Il prosieguo del nostro campionato sarà difficile, l’obiettivo rimane la salvezza. Fra le squadre affrontate, più di tutte mi ha impressionato la Pianese, per le individualità e l’organizzazione di gioco data da Fabio Prosperi, ho visto anche diversi video, hanno una condizione atletica sempre al top e uno staff che sta lavorando alla grande. Poi ci sono Livorno e Grosseto che usciranno alla grande, e altre squadre come il Real Forte Querceta che valgono più dell’attuale classifica”.
Imparare dagli errori
– A proposito del Grosseto, sarà il vostro prossimo avversario. Sta preparando qualche accortezza o contromisura in particolare?
“Insieme allo staff la stiamo preparando con attenzione e al tempo stesso tranquillità. Il primo obiettivo è sempre uscire dal campo con esperienza in più e magari degli errori fatti da esaminare per crescere. Ogni avversario ha caratteristiche diverse, la strategia cambia di conseguenza ma sempre con le basi dei nostri principi ben saldi”.
– Fra i suoi collaboratori figura anche un match analist?
“Al momento no, riprendo io gli allenamenti, lavoriamo su quello. Un collaboratore prezioso è Andrea Pecciarini, psicologo dello sport che ha lavorato con Milan Juve Primavera. Andrea mi aiuta nella gestione del gruppo dal punto di vista mentale. Poi c’è il mio secondo Davide Scarci, che conoscevo tramite amici in comune. Il preparatore atletico è un amico di infanzia, Francesco Giacovelli, mentre la preparazione dei portieri è affidata a Mauro Siotto”.
“Guido Pagliuca e Nicola Lami fondamentali per la mia crescita”
– Per concludere la nostra chiacchierata, c’è un momento o una persona che sono state fin qui determinanti nel suo percorso di crescita?
“La scorsa stagione a Siena a fianco di Guido Pagliuca è stata fondamentale a livello formativo, lo considero l’anno più importante della mia carriera di calciatore e allenatore. Sul piano tecnico e su quello umano, Guido Pagliuca è davvero di un’altra categoria, lo dimostrano anche i risultati, è primo in serie C con la Juve Stabia. Inoltre nel mio percorso di crescita ha sempre avuto un ruolo fondamentale Nicola Lami, che attualmente è un collaboratore di Marco Baroni al Verona. Con lui ho iniziato facendo tirocinio con l’Università nel calcio a 5, da allora mi ha sempre seguito, gli sono molto legato”.
Edoardo Novelli
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