Io proprio io: Elia Serotti
Io proprio io: Elia Serotti. L’Almanacco del Calcio Toscano continua il suo viaggio alla scoperta dei personaggi del nostro mondo, siano calciatori, allenatori, dirigenti o semplici appassionati, nell’insolito modo che trae ispirazione dalle interviste pubblicate sulla rivista per ragazzi “Il Monello” negli anni 70-80, nella rubrica chiamata “Io proprio io“.
Per il sesto racconto di quest’anno (clicca qui per la raccolta completa) abbiamo incontrato Elia Serotti, calciatore con quasi 400 presenze in carriera fra Eccellenza e serie D, tutte nella Fortis Juventus, dove è arrivato ragazzino nel 2005.
Un altro “viaggio interiore” da gustare con attenzione, che vi affidiamo con la consueta raccomandazione agli “scrollatori” del cellulare: non abbiate fretta, salvate il link e leggete con calma. E soprattutto… fate gli auguri anche a Elia, che ha compiuto gli anni il 9 ottobre, proprio nel giorno in cui abbiamo realizzato questa intervista.
di Edoardo Novelli
Una persona tenace
Elia Serotti, che belva si sente?
“Ecco, mi hai spiazzato subito alla prima domanda… Non ti saprei dire, più che belva mi sento una persona tenace, che non molla davanti alle difficoltà, che capitino in campo o nella vita di tutti i giorni”.
Quanto ti manca ad arrivare a 400 presenze?
“Dovrei rifare il conto preciso, ma non sono tra quelli che annotano tutto scrupolosamente. Posso dirti che ho raggiunto le 300 nel 2021, per l’occasione mi fu donata una targa e l’Almanacco mi premiò a fine stagione come miglior giocatore dell’Eccellenza (vedi foto sotto, con Elia la compagna Linda n.d.r.). Non dovrebbe mancare tanto anche per le 400, forse solo qualche partita. Spero che qualcuno stia facendo i conti per me!”
Vado al massimo
Come si arriva alle soglie di questo traguardo, hai mai valutato l’idea di lasciare la Fortis?
“Negli anni sono capitate delle opportunità, che poi non hanno avuto seguito. Forse nelle mie scelte ha pesato la comodità di coltivare la mia passione vicino a casa e al mio lavoro, e magari in passato ho creduto poco in obiettivi che avrei potuto raggiungere altrove. Ma sono convinto che ognuno debba mirare al proprio massimo, e ritengo di averlo raggiunto comunque rimanendo a Borgo, sono orgoglioso della mia carriera qui. Ho un legame profondo con il Mugello, sia a livello calcistico che lavorativo, la mia attività si svolge per lo più in questa terra”.
La scuola calcio a Scarperia
Dove hai iniziato a giocare a calcio?
“Ho iniziato la scuola calcio poco dopo i 6 anni, a Scarperia dove sono nato. Dopo un certo periodo ci fu l’interessamento della Fiorentina, mi allenavo anche con loro una volta alla settimana, ma non fecero in tempo a tesserarmi. Poi sono stato un anno e mezzo a Prato negli Esordienti, quindi sono arrivato a Borgo nel 2005 a 16 anni”.
L’esordio in serie D, un attimo fuggente
Il web non è molto preciso sulla data del tuo esordio in prima squadra, tu lo ricordi?
“Nelle giovanili della Fortis vivevo i giocatori della prima squadra come un mito, ai miei occhi avevano tutto a disposizione, le borracce, il massaggiatore… Per me che andavo a bere di corsa qui alla fontanella erano uno stimolo, volevo diventare come loro. Nella stagione 2008-2009 ero nella Juniores, la prima squadra era allenata da Piero Donatini, babbo di Alessandro. Non ricordo l’avversario, forse il Gavorrano. Ero in panchina e negli ultimi due, tre minuti mi buttò dentro a freddo, non riuscivo nemmeno a correre. Ricordo che stoppai un rilancio dalla difesa, il tempo di sentirmi incitare <Bravo, bravo!!> e finì la partita!”
Un ragazzo che diventa “grande”
C’è un momento in cui hai sentito iniziare la storia di <Capitan Serotti>, una sorta di passaggio fra un prima e un dopo della tua carriera?
“C’è un ricordo particolare, di quando ero giovane aggregato alla prima squadra. Durante gli allenamenti soffrivo tanto gli errori che potevo commettere, fossero un passaggio o un movimento sbagliato. I “vecchi” di quell’epoca, ti posso citare Emiliano Campana, Alunno Corbucci, Niccolò Bambi, all’inizio erano un po’ duri con me. Poi successe qualcosa, forse parlarono con l’allenatore, da un allenamento in poi cominciarono a incitarmi, anche se sbagliavo, e cambiò il mio atteggiamento. Fu come una botta di fiducia, riuscivo a far meglio le cose, mi sentivo grande e all’altezza del gruppo”.
“Come ho imparato a lanciare lungo…”
“C’è stato un prima e un dopo anche sui lanci lunghi, grazie ad Andrea Consumi, un giocatore e una persona eccezionale, sebbene sia stato a Borgo solo pochi mesi (nel 2010 n.d.r.). Fino all’anno prima era capitano del Figline in serie C, eppure si fermava con me alla fine degli allenamenti per suggerirmi ad esempio come colpire il pallone per non farlo girare, voleva aiutarmi a migliorare e i suoi sono stati insegnamenti che mi hanno fatto crescere”.
Una vita in biancoverde, quanti ricordi!
In tanti anni hai avuto parecchi compagni di avventura. Con la premessa che non potrai certo nominarli tutti, e che nessuno si senta offeso se non lo farai, te la senti di ricordarne qualcuno?
“Nel gruppo della squadra, in ogni stagione, ci sono sempre giocatori e persone con cui leghi di più. Filippo Ferri il capitano, persona di grande cuore che mi dette una grande mano. Un altro capitano importante con cui ho instaurato un bel rapporto è stato Michele Fusi, così come Paolo Ignesti, entrambi vere bandiere del posto, che hanno giocato in realtà importanti. Poi mi viene in mente la banda di Viareggio, con Valerio Fommei, Alberto Reccolani, compagni di reparto da cui ho imparato tantissimo, e di certo il mister Vitaliano Bonuccelli, a cui devo tanto per aver creduto in me, all’epoca giovane per quanto fossi lì già da un po’. Riuscivo a capire bene ciò che mi chiedeva. Mi vengono in mente poi Samuele Barsotti, Ivan Iacona, Cristian Brega, quanto meno uno dei più forti e completi attaccanti con cui ho giocato, e un paio d’anni dopo Angelo Lombardi (alla Fortis nel 2013-14 n.d.r.), una persona squisita e un giocatore incredibile, alzavi la testa e sapevi dove e come trovarlo, ora è alla Lavagnese. Ho legato molto e mi sento ancora con Mirko Barbero, che adesso è vice allenatore alla Primavera del Pisa, ma potrei continuare una giornata a farti altri nomi…”
La Coppa in bacheca
La Fortis negli ultimi anni si è identificata in un altro paio di bandiere a cui, immagino, sarai molto legato…
“I miei compagni di viaggio più recenti sono Filippo Gurioli ed Elia Guidotti (adesso al Luco n.d.r.), con i quali ci siamo tolti la soddisfazione di vincere la Coppa Italia d’Eccellenza. Già all’inizio di quella stagione parlavamo insieme del bisogno che sentivamo, di lasciare un segno tangibile del nostro <passaggio> alla Fortis, per noi nativi di questa terra. E’ stata una grande soddisfazione raggiungere un successo che mancava da un po’ di tempo, non ci siamo ripetuti nella fase nazionale ma resta il trofeo in bacheca che non ci toglie nessuno”.
Artigiano del ferro e segugio di funghi
Accennavi prima al tuo lavoro, che attività svolgi?
“Mio padre Massimo ha tirato su con mio zio un’azienda di lavorazione del ferro battuto, lui ha iniziato nel 1975 da dipendente, quando ancora tante cose si facevano a mano, e nel 1987 si è messo in proprio. La sua è una passione tramandata, come quella di andare a funghi con un po’ di amici. Quando è andato in pensione è stato naturale rilevassi io la ditta, nella quale ero già entrato a piccoli passi fin dai tempi in cui mi allenavo in serie D. Sono orgoglioso di quello che stiamo facendo”.
In famiglia un’assessora, un’ingegnera e… Nora!
In famiglia quanti siete?
“Oltre a me e mio babbo, mia mamma Paola che lavora nell’azienda come segretaria, mansione che svolge anche per la scuola calcio della Fortis. E mia sorella Elena, assessora nel Comune di Scarperia e San Piero (con deleghe al Turismo e molte altre tematiche n.d.r.), grazie a lei e a mio cognato ho due nipoti, una delle gioie più grandi della mia vita, a cui voglio un bene dell’anima”.
Nella tua vita sono entrati anche un ingegnera civile di nome Linda la (potenza di Linkedin ci aiuta…) e una bimba di quasi un anno, com’è andata?
“E’ partito tutto con un <Ciao!> che Linda mi scrisse sui social dopo una partita. Ci eravamo già conosciuti in paese, ma da quello nacque un fitto scambio di messaggi. Mi conquistò prendendomi in giro in chat, dopo un mercoledì di Coppa in cui avevo sbagliato un rigore. Per me che vivo il calcio in modo assoluto, sento la maglia e la fascia di capitano e mi lascio condizionare tanto dal risultato sportivo, quella leggerezza, in senso positivo, mi colpì. E’ un aspetto del suo carattere fra quelli che amo di più, mi permette di dare alle cose il giusto peso, mi riporta nel mondo reale quando tendo a dimenticarlo. Poi l’11 dicembre del 2023 è arrivata Nora, la nostra gioia più grande”.
“Da piccolo dormivo col pallone”
Che ricordi hai di te bambino?
“I miei genitori raccontano che la mia prima parola pronunciata sia stata <go>, per dire gol naturalmente. Mio babbo, tifoso del Milan, voleva chiamarmi Ruud come Gullit, il calcio è stata da subito la mia passione anche se ho cominciato in piscina, mia mamma ci teneva imparassi a nuotare. Da piccolo dormivo con il pallone, a scuola non lo potevamo portare ma giocavamo con le pigne o con una palla di carta, ogni oggetto era buono. Tifo Fiorentina, attaccavo le figurine sull’armadio, conservo ancora gli album Panini di quelle collezioni”.
Eri un capitano e un leader anche allora?
“Da piccolo per la verità sì, ero uno che trascinava, sono stato capitano anche dello Scarperia. Però sono un ragazzo in fondo abbastanza timido, e negli anni di Prato fino poi al mio arrivo a Borgo, quelli dell’adolescenza insomma, ho perso un po’ di sicurezza. Oggi però ci tengo a poter trasmettere qualcosa, da capitano della Fortis spero di riuscire ancora a trascinare”.
“Ho i biglietti per il concerto di Vasco”
Con la TV, la musica e i viaggi che rapporto hai?
“Guardo tantissime serie TV, non mi perdo quelle ispirate a fatti di cronaca nera, una passione forse trasmessa da mia mamma, mentre grazie a Linda ho coltivato meglio quella per viaggi e concerti. Di recente siamo stati a quello di Cesare Cremonini e abbiamo già i biglietti per Vasco al Visarno di Firenze (6 giugno 2025 n.d.r.). Mi piace tantissimo il dj svedese Avicii, il suo vero nome era Tim Bergling, purtroppo è scomparso da alcuni anni, faceva musica dance elettronica. Negli ultimi tempi, specie da quando c’è Nora, non giriamo molto, insieme siamo stati a Lampedusa, a Minorca, a Parigi, ci manca ancora il viaggio più lontano o esotico”.
Rubare con gli occhi
Giochiamo con lo Zodiaco. Secondo le caratteristiche dei segni, in quanto bilancia, dovresti essere prima di tutto un osservatore con intuito spiccato, oltreché sensibile come uno <psicologo naturale>. Ti torna?
“Molto. Nel calcio, nel lavoro, nella vita mi son sempre guardato intorno, cercando di capire, anche <rubando> con gli occhi, è la cosa più importante per crescere e completarsi. Mi ritrovo anche sulla sensibilità, sono una persona che tende a pensare prima agli altri che a se stesso, ad accogliere quello che provano. Il messaggio di auguri di Linda stamani – ci incontriamo il 9 ottobre proprio nel giorno del compleanno di Elia n.d.r. – parlava proprio di questo”.
“Una svolta di vita? Chissà…”
Sempre secondo le stelle, un uomo bilancia verso i 45 anni tende a dare una svolta avventurosa alla propria vita, in cerca di nuove libertà… C’è tempo, ma come ti immagini fra un po’ di anni?
“Sinceramente non ci ho ancora pensato. Per quando avrò smesso di giocare, mi sto avvicinando da qualche mese all’idea che potrei allenare, le dinamiche di campo mi attirano e mi intrigano sotto ogni aspetto. Purtroppo l’allenatore è un uomo solo, nelle decisioni e nel relazionarsi con la società e i giocatori, questo è un aspetto che mi intimorisce. In qualcosa di avventuroso, una svolta totale di vita, non mi ci vedo, certo mai dire mai…”.
Chiudiamo con gli astri, non può mancare l’amore. Sei geloso, tendi al controllo, ma sei un libro aperto. Che ne dici?
“Un po’ di gelosia in amore penso sia salutare, ma senza esagerazioni. Un libro aperto forse sì, sono innamorato e penso di dimostrarlo, non ho la malizia del sotterfugio, anche quando avrei voluto fare una sorpresa a Linda mi sono sempre fatto beccare, mi incarto da solo”.
Un atleta tutto campo e spogliatoio
Alcuni tuoi compagni di campo, coetanei con la stessa passione, mi hanno confidato di amare il calcio a dismisura ma di sentirsi fuori posto in quel mondo, diciamo per <la musica che gli gira intorno>. Tu come ti senti?
“Beh… Diciamo che è più facile vivere il calcio con entusiasmo e leggerezza quando sei più giovane. Crescendo, con la maturità, cominci a notare e comprendere certe dinamiche, ti piace un po’ meno perché non vivi più solo il campo e lo spogliatoio. E’ lì che a me piace stare, se devo parlare lo faccio di come andata la partita, di uno schema riuscito, oppure mi relaziono con i compagni, con lo staff, col preparatore atletico o il match analist. Ci sono tante altre sfumature alle quali non mi presto, voglio render conto solo del comportamento in campo. La mia carriera l’ho fatta, non ho mai sentito il bisogno di un procuratore, né penso potrei mai fare il direttore sportivo e occuparmi di mercato. Sono a Borgo da 16 anni, la mia storia parla da sola”.
Lo schema, l’analisi puntigliosa della partita, c’è ancora spazio per la fantasia?
“L’allenatore Stefano Calderini mi chiedeva se mi sentissi Socrates, perché ogni tanto mi concedevo qualche colpo di tacco o una giocata azzardata. Rispetto gli schemi, però mi piace inventare, seguire l’istinto”.
Una stagione difficile
Come vedi la stagione da poco iniziata, per adesso si segna poco e regna l’equilibrio…
“Sono d’accordo che sia un campionato livellatissimo, anche se i valori verranno fuori col tempo. Siamo un gruppo nuovo, con alcune conferme e tanti giovani. Partiamo a fari spenti con una società nuova, magari ci manca qualcosa a livello numerico, ma siamo riusciti a creare un gruppo unito, non è una frase fatta, cerchiamo di portare in cascina più punti possibile. In campo siamo affiatati, ci aiutiamo, se uno di noi perde un pallone sa che c’è un compagno che corre con lui per recuperarlo. L’allenatore Ilic Lelli sa leggerti dentro, parla tanto con noi anche della vita di tutti i giorni, anche con lo staff le sensazioni sono positive”.
Borgo è una piazza passionale che non fa mai mancare il proprio appoggio, quanto è importante?
“Ci aiuta molto il contesto di Borgo San Lorenzo, siamo una società storica, è fondamentale avere intorno persone, sportivi che ci seguono, oltre al tifo sempre presente, anche fuori casa, degli Ultras Borgo. Il gruppo (prima denominato Gioventù Biancoverde n.d.r.) negli ultimi anni ha incrementato i partecipanti e sa darci quella spinta in più spesso determinante, personalmente mi emoziona e mi carica”.
Poi, dopo il nostro incontro, Ilic Lelli si è dimesso, proprio per quel “ci manca qualcosa” di cui parlava Elia Serotti, situazione che secondo l’allenatore si protraeva oltre il sostenibile. La domenica successiva la Fortis ha battuto 2-0 lo Scandicci (a proposito di gruppo unito e campionato equilibrato). Arriverà un volto nuovo in panchina, che di certo saprà da dove cominciare: dal capitano, Elia Ser8i, artigiano del ferro e artista di pallone.
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